Dott.ssa Raffaella Delfini

Endometriosi, una malattia “silenziosa”, ma dolorosa e spesso trascurata

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Articolo pubblicato sul sito Tiscali.it.

di Brigida Stagno

Dolore cronico al basso ventre, irregolarità mestruali, dismenorrea, rapporti sessuali dolorosi, stanchezza fisica, emicrania, stitichezza alternata a diarrea, infertilità: sono alcuni dei sintomi chiave dell’endometriosi, malattia che colpisce nel mondo quasi 150 milioni e in Italia tre milioni di donne, il 7-10 per cento delle quali in età fertile, senza distinzioni etniche o sociali.

Prima che una donna scopra di avere l’endometriosi, ormai riconosciuta come malattia sociale, passano però in media sette anni, un periodo di sofferenza e spesso di solitudine, passato tra visite specialistiche, ecografie ed esami, a volte invasivi, o interventi chirurgici inutili. Nel frattempo i disturbi, spesso sottovalutati e banalizzati, compromettono seriamente carriera professionale, vita sociale e soprattutto la vita privata.

“La malattia, asintomatica solo nel 20-25 per cento dei casi, è causata dalla presenza al di fuori dall’utero (intestino, peritoneo, ovaie, vescica) di tessuto endometriale ( lo strato internodella cavità uterina), che reagisce all’azione degli ormoni sessuali femminili, formando piccole lesioni, cisti e aderenze, e alterando l’apparato riproduttivo. – spiega Raffaella Delfini, Responsabile del Centro Endometriosi e dolore pelvico dell’Ospedale San Carlo-IDI di Roma, diretto dal Professor Giorgio Vittori (telefono 0639706496)- “I disturbi cessano normalmente con la menopausa”.

Tra le cause ipotizzate, oltre alla predisposizione genetica e alle alterazioni del sistema immunitario, l’OMS indicherebbe anche gli “interferenti endocrini”, sostanze inquinanti presenti nell’ambiente, che mimano l’azione degli ormoni estrogeni, esponendo la donna a uno stimolo ormonale in più e provocando alterazioni delle cellule sottoposte a questi stimoli: tra questi, la diossina, i pesticidi, ma anche altri agenti chimici pericolosi presenti in oggetti usati tutti i giorni, come detersivi, insetticidi e prodotti per la cura personali, lozioni e gel cosmetici e sostanze contenute addirittura in protettori solari e rossetti.

“Serve una diagnosi precoce, che invece purtroppo arriva spesso tardi, perchè la malattia viene spesso minimizzata e trascurata da medici e parenti delle pazienti, fin dall’adolescenza. – avverte Raffaella Delfini- “Il dolore è a volte molto forte, resistente ai comuni antidolorifici, invalidante, inizialmente limitato al periodo del ciclo, poi a tutto il mese, fino a diventare cronico. E’ quindi determinante affidarsi a medici esperti e centri dedicati, in grado di riconoscere presto la patologia, con visite specifiche, esami del sangue, indagini radiologiche sofisticate (come l’ecografia pelvica e a volte la risonanza magnetica nucleare). Nella maggior parte dei casi la diagnosi è fatta in occasione di una laparoscopia eseguita per sterilità da causa inspiegabile o di un intervento laparotomico per altre indicazioni, come l’asportazione di fibromi”.

Una diagnosi corretta e precoce è il presupposto fondamentale per la terapia chirurgica, principalmente eseguita per via laparoscopica, che dovrebbe limitarsi a un singolo intervento di asportazione completa dei focolai di endometriosi. “La chirurgia laparoscopica- spiega l’esperta-è il trattamento di scelta, soprattutto in donne giovani che possono ancora avere figli e che presentano cisti. L’intervento consiste nel praticare 3 o 4 incisioni cutanee di circa mezzo centimetro, attraverso cui passano gli strumenti, gonfiando l’addome con un gas (quale l’anidride carbonica), per ottenere lo spazio per operare. La degenza postoperatoria è ridotta, con minore dolore e rapida ripresa delle attività normali”.

La terapia farmacologia, solo sintomatica, ha l’obiettivo di ridurre il livello di estrogeni e di frenare l’endometriosi e prevede l’impiego di analoghi del GnRH (ormoni sintetici simili all’ormone prodotto dall’ipotalamo), in grado di provocare una menopausa temporanea, e la terapia estroprogestinica, sempre mirata a bloccare l’ovulazione e quindi a ridurre il dolore e le recidive della malattia. Non va tralasciato anche il ruolo della presenza costante di un supporto psicologico, di grande aiuto per chi soffre di questa malattia.